Michael Rotondi
Michael Rotondi nasce a Bari nel 1977; passa l’infanzia e l’adolescenza a Livorno; vive e lavora Milano per un lungo periodo e torna a Livorno dove adesso vive di nuovo. Laureato all’Accademia di Belle Arti di Firenze, partecipa a numerose mostre collettive e personali. E’ stato docente per Ied, Naba e Brera in multimediale ed Arti Visive. Tra le collettive si ricordano: Biennale di Praga, collettiva alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Biennale Italia/Cina a Villa Reale di Monza, Biennale di Teheran, Premio Cairo Palazzo Reale di Milano, Manifesta 12 Palermo, Museo MAC, PAV Torino; ha esposto anche a Berlino, Valona, New York. Tra le personali si segnalano mostre a Mumbai, India; Varsavia, Polonia; Milano, Napoli. Tra i tanti premi è stato finalista al Premio Arte Laguna e al Premio Cairo. Collabora con diverse realtà indipendenti e nel 2024 cura un manifesto e fanzine per il collettivo di Brulica Festival a Napoli.
Nella grande libreria della casa di Taranto c’è un’antica, bellissima, edizione della Divina Commedia illustrata da Gustave Dorè. Lì vicino, gli album fotografici di famiglia. Dall’altra parte un cassetto, anche qui foto, nei minialbum gialli che ti davano i fotografi. Tutt’intorno altri libri: romanzi, saggi, libri di testo, di storia locale o nazionale, religiosi, un’enciclopedia. Musicassette, originali e non. Cd, soprattutto collane come Emozioni in musica. Qualche vhs. Una libreria come tante, soprattutto in case di quegli anni.
Guardando le opere di Michael, la sensazione che spesso provo è proprio quella di quando, a volte ancora adesso, i miei occhi passano di scaffale in scaffale di quella libreria e a volte afferro qualcosa, a volte altro. Sfoglio e maneggio a caso, e a caso le cose riemergono. Il tessuto connettivo che unisce cose, immagini e parole che a volte sembrano distanti, è quella libreria, sono io, o chi per me.
Le immagini sacre di Michael, quelle politiche, i personaggi storici, quelli attuali, le icone pop, i riferimenti letterari, i paesaggi, la gente comune, sono gli scaffali della libreria di Michael; la loro immediatezza è quella del suo sguardo, uno sguardo che si fa istantaneamente memoria; è il suo sguardo, la sua memoria, il suo vissuto, e in qualche caso anche il suo privato. Sono i cimeli di sé.
Ciò che hanno catturato i suoi occhi o un suo scatto, prende immediatamente forma sul supporto in veste di ricordo. L’impressionante velocità con cui Michael lavora, che ho potuto constatare con occhi durante i giorni di residenza a Specchia, sembra proprio la velocità con cui un ricordo emerge dal nostro sistema nervoso centrale. In realtà pare un ricordo nel momento stesso della sua emersione, quando ancora non è definito, dettagliato (ammesso si riesca a dettagliarlo, cosa non automatica): un’immagine che affiora violentemente, questo potrebbe spiegare il nero dei lavori in smalto su carta. E anche il colore, quando presente, è uno sfondo, un contorno, una sporcatura, uno schizzo, un filtro perché forse è il segno della sensazione che Michael, o forse la sua amigdala, associa a quell’improvvisa emersione. In questo senso è un lavoro che, pur partendo da scatti fotografici a volte privati, a volte celebri, si pone antiteticamente rispetto alla fotografia.
LA CHIAMAVANO NUVOLE
Smalto su tela, cm 100 x 100, 2023
Testo di Donato Viglione
