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Saturno Buttò

Nato a Portogruaro - VE nel 1957, Saturno Buttò studia al Liceo Artistico e all’Accademia di Belle
Arti di Venezia, diplomandosi nel 1980. La sua opera è caratterizzata da una personalissima interpretazione formale dell’arte sacra europea e da una perizia tecnica impeccabile, che ricorda quella dei grandi maestri della nostra tradizione pittorica. In continuo conflitto tra erotismo e dolore, trasgressione ed estasi, i pregiati dipinti su legno di Buttò sviscerano la visione intransigente e contraddittoria dell’iconografia religiosa occidentale nei confronti del corpo, da un lato esibito come oggetto di culto, dall’altro negato nella sua valenza di purissima bellezza erotica.

Ne scaturisce un’affascinante tensione che esalta innanzitutto la figura umana, che nella sua opera è da sempre al centro della scena. Buttò, dopo più di un decennio trascorso nel proprio studio a perfezionare la tecnica ad olio, inizia la sua carriera espositiva nel 1993, anno in cui viene pubblicata anche la sua prima monografia: ‘Ritratti da Saturno: 1989-1992’. Da allora seguono numerose esposizioni personali in Europa, Asia e negli Stati Uniti. Successivamente ha pubblicato altri cataloghi monografici: Opere 1993-1999, Martyrologium (2007), Blood is my favorite color (2012), Saturnicore (2013), Breviarium Humanae Redemptionis (opere dal 2007 al 2014), Amore sacro e amore profano (2023).

«…Io ritraggo persone. Mi interesso dell’identità e delle implicazioni psicologiche. Non mi preoccupo della reazione che il pubblico ha davanti alle mie opere. Lavoro per me stesso e un fine catartico non lo escluderei. Dipingendo cerco qualche cosa che mi emozioni e che soddisfi le mie curiosità: sono attratto da quello che non conosco, spesso dal lato negativo della psicologia umana».

La figura umana, che nella poetica di Saturno Buttò è costantemente rappresentata come sacra, viene indagata nei suoi aspetti di decadenza fisica e psicologica, talora attraverso la presenza di strumenti e apparati medici, che da un lato comunicano il senso del dolore umano e delle afflizioni del corpo, dall’altro tradiscono l’utopistica, più che mai attuale, volontà di sconfiggere la morte e l’ineluttabile condizione di caducità fisica. Così una parata di splendide fanciulle, consacrate da un’aura dorata, la stessa delle icone bizantine, brillano di una fisicità pienamente terrena e sensuale, ma sono avvolte da un misterioso fascino demoniaco, come votate in purezza alla distruzione e al disfacimento.

Si tratta di un dipinto che ritrae quatto figure che posano per il loro ritratto. Semplicemente posano “come se fosse” un compianto sul Cristo morto. Ma, appunto, non lo è autenticamente. L’utilizzo di dettagli iconografici che non corrispondono alla tradizione dell’episodio determina la volontà di rendere attuale la scena a cui assistiamo. Potrebbe trattarsi di una performance teatrale o altro. Ciò che però interessa effettivamente all’artista è evocare il senso del sacro e provare a cogliere nelle espressioni dei soggetti quel pathos.





COME UN COMPIANTO SUL CRISTO MORTO
Olio su tavola, cm 80 x 90, 2023
Testo di Michele Citro

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