Dan Chengmin
Dan Chengmin, nata a Chengdu e attualmente residente a New York, ha studiato presso il New York Institute of Technology e la Gallatin School della New York University, specializzandosi in fotografia e produzione audiovisiva. Dal 2020 ha progressivamente sviluppato un proprio linguaggio fotografico e visivo, affermandosi sulla scena artistica internazionale.
È stata più volte invitata a fotografare la New York Fashion Week e ha collaborato con la Time Arts Gallery di New York, dove ha presentato anche la mostra Before Sunset. Le sue opere sono state esposte nel progetto interdisciplinare When Aphrodite Bleeds, Red Roses Bloom, presso lo SPATIUM GINZA PONY Hotel di Tokyo. Negli ultimi anni ha inoltre partecipato a numerose esposizioni internazionali, tra cui Art Realm di Singapore, la Fiera Internazionale d’Arte di Shanghai, la Fiera Internazionale d’Arte di Guangzhou, la Mannheim Contemporary Art Exhibition (Germania), la Finnish Spring Art Exhibition, la Seoul International Art Fair, la Tokyo International Art Exhibition e la Fiera ART+852 di Hong Kong.
La ricerca artistica di Dan Chengmin esplora l’intreccio tra paesaggio urbano ed esperienza umana, utilizzando la fotografia e il linguaggio audiovisivo per elaborare una visione poetica e critica che riflette sui rapporti tra identità, tempo e percezione.
L’opera Signe di Dan Chengmin si configura come una poetica visiva di forte tensione: nell’oscurità profonda, lo sguardo dello spettatore viene guidato da un fascio di luce tagliente che illumina parzialmente il corpo femminile e i fiori reclinati tra le sue mani. La costruzione dell’immagine non si fonda sulla completezza della figura, bensì sulla sottile relazione tra il visibile e l’invisibile, producendo una tensione semantica intorno al concetto di “segno”.
Il nucleo dell’opera risiede nella dialettica tra “rivelazione” e “occultamento”. L’oscurità non è semplice sfondo, ma campo generativo di senso: essa rende la luce più incisiva e costringe lo spettatore a riconoscere che ciò che appare non è il tutto, ma è costruito insieme a ciò che resta invisibile. L’immagine, in tal modo, si trasforma in “segno”, diventa rinvio, piuttosto che mera rappresentazione. Ciò risuona con la riflessione fenomenologica occidentale sul rapporto tra visibile e invisibile, così come con la tradizione estetica orientale del “vuoto” e dello “spazio lasciato bianco”.
Il gesto dei fiori costituisce un elemento iconico centrale. Essi non fioriscono nella luce, ma si mostrano in una posa lievemente decadente e pendente, alludendo alla fragilità e alla transitorietà della vita. Parallelamente, la parziale rivelazione del corpo femminile conferisce all’immagine un’intensità intima e privata: segno dell’esistenza individuale e, al contempo, proiezione dell’esperienza universale dell’umano.
Signe esplora, attraverso il medium fotografico, l’intreccio tra semiotica ed ontologia. In quanto “segno”, l’opera non si limita a presentare un oggetto visivo, ma apre un campo interrogativo sul “come sia possibile il vedere”. Attraverso la costruzione luministica, l’immagine si eleva a spazio del pensiero, invitando lo spettatore, nella contemplazione, a riflettere sul corpo, sul desiderio, sulla memoria e sull’essere stesso.
Nel contesto dell’arte contemporanea sino-italiana, Signe ci suggerisce che l’arte non è soltanto oggetto di visione, ma diventa un modo di comprendere il mondo: una scrittura profonda dell’esistenza.
OGGETTI - AMBIENTE
Olio su tela, cm 40 x 50, 2022
Testo di Pengpeng Wang
