top of page

Ivan Picenni

Ivan Picenni è nato nel 1960 a Chignolo d'Isola in provincia di Bergamo. Ha vissuto fino all'età di tre anni in una cascina con la sua famiglia e poi, dai tre agli otto anni è entrato in collegio a causa del trasferimento dei genitori in Svizzera, per motivi di lavoro. Tutto ciò nel tempo ha scatenato in lui la voglia, la rabbia o la gioia di raccontare la sua infanzia che su di lui ha lasciato segni negativi e positivi: segni che hanno caratterizzato la sua vita sin da piccolo.

È un artista autodidatta, istintivo, che racconta la sua infanzia con simboli che lo hanno accompagnato e che lo accompagnano ancora: le figure, il maiale, la scala, l'aquilone, la bicicletta, le barriere, il collegio, la cascina e altro. Supporti e colori per lui non hanno importanza, qualsiasi materiale va bene: l'importante  è riuscire a ricreare quei momenti carichi di tristezza o di felicità; momenti emozionanti e sensibili  vissuti da piccolo che solo l'artista può capire. Dipinge da sempre, da quando era in collegio con il suo primo simbolo e figura: il maiale. La pittura lo rende libero e con lei riesce ad esprimere e a rivivere la sua infanzia.

Ivan Picenni, con Arlecchino non ha ombre, prende come punto di partenza una delle figure più emblematiche della commedia dell’arte italiana, rielaborandola per indagare le tensioni identitarie ed esistenziali della società contemporanea. La figura conserva il tradizionale costume a losanghe colorate, ma perde i tratti fisionomici, assumendo un carattere anonimo e quasi vacuo: una condizione che suggerisce la fluidità e l’indeterminatezza dei ruoli nell’attuale contesto sociale.

Il titolo “senza ombre” rivela il nucleo paradossale dell’opera. Nel dipinto compare infatti un’ombra imponente, ma non si tratta di una proiezione naturale del corpo, bensì di una presenza estranea, un fantasma o una volontà di potere nascosta. Questa “ombra altra” supera la dimensione visiva e diviene interrogazione profonda sull’io e sull’altro, sul reale e sul fittizio. In tal modo, Picenni non solo rinnova la riflessione teatrale italiana sulla “maschera e l’identità”, ma la traduce in un linguaggio pittorico di matrice esistenzialista.

Il colore e la composizione rafforzano la teatralità della scena. Il fondo rosato e violaceo evoca un sipario consunto, in contrasto con le geometrie vivaci del costume, creando un momento congelato ma denso di energia potenziale. Le sagome appena accennate del pubblico nella parte inferiore definiscono lo spazio “palcoscenico–spettatore”, trasformando l’opera in un dramma fissato sulla tela.

In un contesto interculturale, l’Arlecchino di Picenni supera il riferimento localistico e diventa simbolo dell’ “individuo senza radici” nella modernità. Tale condizione dialoga idealmente con la figura del “clown” nella tradizione operistica e teatrale cinese, entrambi portatori di una maschera capace di smascherare la realtà, ma oggi sospesi in una crisi di identità. Arlecchino non ha ombre si configura così non solo come una reinvenzione di un’immagine tradizionale, ma come una parabola contemporanea sulla condizione umana.





ARLECCHINO NON HA OMBRE
Tecnica mista su cartone,
cm 50x70, 
2024
Testo di Pengpeng Wang

Trudu-m.jpg
bottom of page