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Luigi Di Fabio

Luigi Di Fabio (Termoli, 1998) sviluppa una ricerca incentrata sulla condizione umana, affrontando i temi della precarietà, della sospensione e della trasformazione. Il suo lavoro riflette sulla fragilità dell’esistenza e sulla tensione tra presenza e assenza, esplorando il corpo come luogo di transito e di incertezza. Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Brera e all’Università Cattolica di Milano, Di Fabio adotta un linguaggio visivo che attraversa pittura, fotografia e video, costruendo narrazioni in cui la figura si dissolve in spazi instabili e indefiniti. Elemento ricorrente nella sua produzione è il corpo fluttuante, spesso autoritratto, che emerge da superfici grezze o ambienti privi di coordinate spaziali. L’assenza di sfondi definiti e la riduzione della composizione a forme essenziali accentuano la percezione di un equilibrio precario, in bilico tra gravità e leggerezza. Quest’ultima, nella poetica dell’artista, diventa un vero e proprio desiderio di superamento: uno strumento per oltrepassare i limiti imposti dalla materia, dall’identità e dalla finitezza umana. Attraverso la sovrapposizione di livelli visivi e l’uso di materiali che evocano instabilità, Di Fabio costruisce uno spazio mentale in cui il reale si fa evanescente e il corpo diventa il segno di una presenza fragile, esposta a continue trasformazioni.

Nel 2024 ha ricevuto il primo premio alla XVIII edizione del Premio Morlotti/Imbersago. Le sue opere sono state pubblicate in diversi cataloghi, tra cui quello dei finalisti del Premio Morlotti e in copertina per la rivista Arbiter nel mese di giugno 2025. Attualmente rappresentato da ArcGallery di Monza, nel 2026 sarà protagonista di una mostra curata da Simona Bartolena e Giorgio Seveso presso LeoGalleries. Nello stesso anno esporrà al Museo della Permanente di Milano. Tra le collettive recenti: Trasformazioni (Castello di Vigevano, 2023), Trame (Castello Visconteo di Legnano, 2023), ISTANTANEA (Spazio CAM, Milano, 2023). Nel 2027 la sua personale Humana Conditio sarà ospitata al Castello Svevo di Termoli.

La ricerca di Luigi Di Fabio è sospinta dalla persistente domanda sul senso dell’esistenza. Da qui parte l’indagine, filosofica e artistica, di questo giovane nato nel cuore del Molise: in quella Termoli, azzurra e solare, il cui chiarore e la cui luminosità ritroviamo nelle sue stesse immagini, permeate come sono di cristallina trasparenza. Formatosi a Brera e poi alla Cattolica di Milano, il giovane pittore comprende, con penetrante intelligenza, quello che è il modo d’essere più proprio della vita: l’instabilità dell’esistere. Poiché l’esistenza è esposta sempre all’imprevedibile, la vita dell’uomo sembra appesa a un filo, e oscilla come un pendolo tra il noto e l’ignoto nel magma dell’incertezza. Così, nella continua ricerca di un forma da conferire alla nostra vita, attraversiamo il tempo, e in esso fluttuiamo, come bolle di sapone, senza una meta. Per questo ondeggiano dentro uno spazio indistinto e senza confini le trasparenti e serafiche figure di Di Fabio. Lo vediamo in questo olio e acrilico su tela grezza che suggella – come fotogramma – il sentimento più profondo che anima ogni uomo: quello di sfuggire alla morsa del tempo e svincolarsi per sempre dalle logiche mondane, per attingere finalmente all’essere, in un sogno perenne che alleggerisca i corpi lasciandoli librare nell’aria, al pari degli angeli. Emblema di questo desiderio è non a caso il palloncino, spesso presente nelle opere pittoriche e fotografiche di Di Fabio. Esso si fa simbolo di quella instabilità, perché per sua natura sfugge alla forza di gravità per perdersi nell’universo più vasto e nella chiara azzurrità di un cielo fresco e senza limiti. Come quando l’anima, liberandosi dai lacci che la legano al mondo, si espande nei sogni, sciogliendosi in immagini astratte e surreali. Le stesse immagini con cui Di Fabio tesse la meravigliosa trama delle sue favole oniriche.





SENZA TITOLO (HUMANA CONDITIO) #26
Olio, stucco e acrilico su tela grezza,
cm 100x130,
2024
Testo di Michele Lasala

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